Cura di mamme e bambini non può diventare terreno di lotta politica

 Le notizie degli ultimi giorni parlano di donne e bimbi morti di parto e, quasi in controcanto, di battaglie politiche per tenere aperti punti nascita in zone disagiate al di sotto della soglia dei parti necessari a garantire la sicurezza. Una gran confusione di dati, teorie, argomenti….spesso uno strillare scomposto e cacofonico. Morire di parto, nel 2016 come nell'Ottocento: normale e spietata percentuale del rischio clinico o imperdonabile superficialità? Per una volta, parlo di me e vi racconto la mia storia, la storia di una "sopravvissuta", una miracolata che si è salvata. Febbraio 2001, ho quasi quarant'anni, decido di affrontare il quarto cesareo, con l'allegra incoscienza di chi non conosce il pericolo, nel comodo nido dell'ospedale più vicino: parenti attorno, lenzuola ricamate, confetti, dolcini e fiori, come essere a casa propria… E infatti niente rianimazione, niente neonatologia….niente, solo l'affetto dei parenti e l'eroica abnegazione dei medici. Ma lui decide di nascere un mese prima ed è una corsa in sala parto e poi….distacco di placenta, urla di medici, sangue, sangue, buio e ancora tantissimo sangue che non si ferma….i medici parlano di CID, di emorragia gastrica, di tempi di protrombina troppo lunghi, di trasfusioni e trasfusioni. Io ricordo la voglia di dormire, l'abbandono di ogni volontà e il calore del sangue che va via dal mio corpo. Giorni di limbo, di facce preoccupate, di semincoscienza. Sono qui a raccontarlo, per grazia di Dio, per fortuna o per caso, sicuramente per l'attenzione dei medici, ce l'ho fatta, ce l'abbiamo fatta. Vorrei che non accadesse più a nessuna, vorrei che le donne, innanzitutto, fossero consapevoli dei rischi che corrono, di quelli inevitabili, ma soprattutto di quelli che si possono evitare. E i rischi si riducono se si partorisce in strutture che garantiscono percorsi nascita sicuri, rianimazione e UTIN, neonatologia e centro trasfusionale. Senza trascurare il dato della cd frequenza del rischio, per cui, logicamente, questo viene affrontato meglio da chi è più "allenato" rispetto a chi opera in un ristretto numero di casi.
In un mondo ideale certo ogni donna vorrebbe partorire vicino a casa con tutti i confort e nel massimo della sicurezza, nel regno del possibile occorre fare scelte chiare. E la scelta non può che essere quella della sicurezza, lo sanno bene le donne che già hanno scelto. Se i reparti per cui la politica combatte sono semideserti, se solo una gestante su cinque sceglie l'ospedale sotto casa mentre le altre preferiscono la sicurezza alla comodità, è evidente che le donne hanno scelto. Ciò non toglie ovviamente che occorra  garantire, in qualsiasi condizione e in qualsiasi stagione, il trasporto in sicurezza ( reti STAN e STEN ed elisoccorso), così come le guardie h24 per le emergenze. Occorre allora che la politica tutta ragioni non per piantare bandierine o vestendo il più vetero campanilismo da "battaglia per il territorio": la cura di donne e bambini non può essere terreno di lotta politica. Si faccia ciò che è giusto, si persegua il bene collettivo senza ragionare in termini di voti in più o in meno. Non si tiri per la giacca chi lavora per far uscire la Sicilia dallo stato di eterna canaglia, la nostra sanità ha fatto passi da gigante, i dati parlano chiaro e le statistiche ci dicono che non siamo più fanalino di coda, ma la strada è ancora lunga e accidentata, l'errore più grave adesso sarebbe indebolire o rallentare il percorso per minuscoli interessi di bottega. Sono certa che questa sia la scelta vincente, quella che guarda non alle prossime elezioni, ma alle prossime generazioni e credo che le coppie, quando decidono a chi affidarsi per far venire al mondo i propri figli, questa scelta la condividano e l'apprezzino.

 

* Antonella Milazzo, parlamentare regionale Partito Democratico